Scritti per la cattedra di Economia pubblica

Cesare Beccaria
SCRITTI PER LA CATTEDRA DI ECONOMIA PUBBLICA [1768-1770]

Testo critico stabilito da Gianmarco Gaspari (Edizione Nazionale delle opere di Cesare Beccaria, III, 2014, pp. 55-77)

PIANO PER LA CATEDRA D’ECONOMIA PUBBLICA, O SIA DI SCIENZE CAMERALI

Per scienze camerali si intende quella parte di legislazione e di politica che serve ad aumentare l’opulenza de’ sudditi e dello stato, ed insegna la più giusta e più utile amministrazione delle rendite del pubblico e del sovrano. Egli è degno dell’augusta clemenza di chi ci governa il volere illuminare i sudditi su questa importantissima materia. In questa maniera verranno tolti i pregiudizi fatali che si oppongono qualche volta alle clementissime mire del sovrano ed alla docilità de’ sudditi; si unirà la maggiore facilità di trovare soggetti capaci
di servire e di secondare le paterne sollecite cure di chi per nostra felicità ci comanda e ci regge.

Queste scienze abbracciano quattro oggetti importantissimi: agricoltura, commercio, manifatture e finanze, o sia la percezione e l’uso delle rendite pubbliche e del sovrano. Questa scienza non può essere trattata con tutta l’estensione e solidità in minor tempo che in due anni, se le lezioni del professore saranno d’una volta al giorno, per dare un conveniente intervallo al lettore per prepararsi, ed ai discepoli pel loro studio privato. Vi è da temere che un corso in maggiore spazio di tempo non ributtasse un gran numero dall’applicarvisi quando non si volesse farne o una necessaria condizione, o un merito di preferenza nella promozione di molte cariche, unico mezzo per popolare le università.

Egli è superfluo l’insinuare di trattare questa scienza in lingua italiana per renderne così i lumi più comuni e più famigliari ad ogni classe di persone, per addestrare per tempo i giovani a parlare la lingua degli affari, ed attesa la sterilità della lingua latina in queste materie. Sarebbe anche necessario che il professore non si contentasse delle lezioni pubbliche, ma che privatamente esercitasse gli uditori accomodandosi all’ingegno e capacità di ciascuno. Siccome questa scienza si allontana per ogni conto dal genio scolastico e pedantesco, l’uniformità degli esercizi pubblici sarebbe meno utile delle private e domestiche conferenze, ed è anche per avere questo tempo che non si propone che una lezione al giorno.


Il trattare queste scienze in astratto non sarebbe utile che per l’ozio d’un gabinetto, o per l’ingegnosa sagacità d’alcuni pochi felici ingegni, ma non per la promiscua e comune capacità di quelli che devono essere introdotti ed avere parte nei pubblici affari, che richiedono menti esercitate e famigliarizzate cogli oggetti particolari. Ogni teoria dunque sarà corredata d’applicazioni e d’esempi, e sopra tutto di esempi e d’applicazioni riguardanti il nostro paese, secondo i lumi che verranno somministrati.

Queste scienze rientrando l’una nell’altra, il commercio influendo sull’agricoltura, questa sulle manifatture, le manifatture sulle due prime, e la percezione e l’uso del tributo sopra tutte; il miglior metodo è di trattarle promiscuamente, senza violentare con arbitrarie divisioni cose di loro natura inseparabili, cominciando da’ più semplici elementi per rimontare fino alle più complicate combinazioni di tutte le forze economiche di uno stato.

Ecco dunque il piano ed il sommario delle materie che si potrebbero trattare in queste lezioni. Il corso di questa scienza si può dividere in cinque parti: 1. Principii e viste generali; 2. Agricoltura; 3. Commercio; 4. Manifatture; 5. Finanze. Le prime tre possono comodamente trattarsi nel primo anno: le ultime due nel secondo.

Parte prima
Principii e viste generali

Cap. I. Breve introduzione allo studio di questa scienza. Degli oggetti che la compongono. Della utilità, necessità, certezza e bellezza di essa. Storia della di lei origine e de’ principali autori che ne hanno parlato. Che le scienze economiche sono divenute più complicate a misura che le nazioni sono divenute più colte.

Cap. II. Della sorgente delle ricchezze, la terra, ed il travaglio degli uomini. Della proporzione che passa tra le maggiori o minori riunioni d’uomini in villaggi, borghi, città, capitali, e la natura del travaglio, del terreno, o dei bisogni reciproci della società.

Cap. III. Del valore del travaglio. Che quello di un agricoltore val meno che quello di un artigiano. Del valore intrinseco di ciascuna cosa proporzionata alla quantità di terreno ed al travaglio che entrano nella di lei produzione.

Cap. IV. Del valore relativo, per lo più il solo variabile. Degli elementi che lo compongono, e lo diversificano. Concorrenza di venditori, concorrenza di compratori, trasporto, abbondanza o scarsezza.

Cap. V. I proprietari delle terre sono sempre in minor numero che gli abitanti di un paese. Che da essi e dalla natura dei loro bisogni e piaceri dipende il primo valore delle cose, il numero e la natura del travaglio e delle produzioni del restante degli abitanti. Che dunque ogni travaglio, ogni arte si nutre a spese de’ proprietari delle terre, e sono originariamente dipendenti da queste, sieno le terre nello stato, sieno presso il forestiero.

Cap. VI. Che la popolazione è sempre proporzionata ai mezzi di sussistenza che la terra fornisce, e che per conseguenza quanto di terra s’impiega per altri usi che per l’alimento degli uomini, altrettanto è tolto alla popolazione, se l’industria non vi supplisce.

Cap. VII. Della quantità di terreno necessario all’alimento di ciascun uomo nel nostro paese. Dei limiti naturali d’ogni popolazione. Distinzione dei beni di prima, seconda, terza necessità. Esame della quistione se sia meglio allo stato un maggior numero d’uomini che vivano poveramente ridotti al puro necessario, o un minor numero che viva più comodamente.

Cap. VIII. Qual sia la miglior proporzione che passar dovrebbe tra il numero e la ricchezza rispettiva de’ proprietari delle terre, e il resto degli abitanti. Qual sia il miglior uso del superfluo dei proprietari delle terre perché sia maggiore il travaglio, il numero e il benessere del resto degli abitanti.

Cap. IX. Qual dovrebb’essere la miglior proporzione fra le differenti colture delle terre di un paese, pel migliore adempimento dei tre oggetti, travaglio, numero e benessere degli abitanti.

Cap. X. Che queste ricerche conducono ad un facile scioglimento della quistione se il lusso sia utile ad uno stato. Sua definizione, divisione in lusso di commodo e in lusso di ostentazione. Varia utilità e necessità di tutti e due. Quando e come, e di che natura sia il lusso nocevole.


Cap. XI. Applicazione di tutti questi principii e di tutte queste ricerche alle circostanze particolari del nostro paese.

Parte seconda
Agricoltura

Cap. XII. Della coltura delle rendite naturali del paese. Del grano. Della maniera d’incoraggiare la coltura. Della libera esportazione del grano. Della proibizione assoluta d’estrarne, e suoi cattivi effetti. Del metodo dei magazzini pubblici. Dell’uso del prezzo dei mercati pel regolamento dell’annona. Della panizazione. Che l’eccesso sì nel buon mercato, che nella carezza nei generi di prima necessità sono egualmente dannosi. Quali sarebbero i limiti naturali dentro i quali stando il prezzo dei generi nel nostro paese produrrebbero il miglior effetto possibile. Delle differenti maniere di dar le licenze di estrarre, e suoi diversi effetti. Se le leggi che incoraggiscono la coltura di una derrata in un paese sono utili quando la derrata è già quasi alla sua maggior coltura possibile. Paragone fra le circostanze e le leggi dell’Inghilterra e le leggi e le circostanze nostre.

Cap. XIII. Dei diversi generi de’ bestiami. De’ buoi, vacche, cavalli, e principalmente delle pecore. Pregiudizi fatali presso di noi intorno ad esse. Del commercio e manifattura delle pelli. Leggi e precauzioni intorno a ciò. Della preferenza delle manifatture di lana ad ogni altra nell’economia pubblica. Del tabacco, riso, frutti, erbe; canape, lino e telerie. Della vigna, e del commercio e manifattura del vino. Errori e negligenze nel nostro paese a tal oggetto. Della seta. Delle leggi riguardo alla miglior maniera di filarla. Pregiudizi intorno a ciò nel nostro paese. Della immensa utilità delle sue manifatture. Maniera di promovere la coltura de’ morroni e d’incoraggiare la manifattura di seta.

Cap. XIV. Dei boschi. Delle leggi della loro conservazione. Esame della massima tra gli economi politici, che un paese non deve avere meno di un quinto di boschi, né più di un terzo. Applicazione al nostro paese.

Cap. XV. Delle cacce e della pescagione, e loro leggi. Delle miniere, massime di ferro, e modo d’accrescerne l’estrazione. Fabrica di questo importante metallo conquistatore dell’oro, e produttore della vera ricchezza di uno stato. Delle cave di pietra.

Parte terza
Del commercio

Cap. XVI. Definizione del commercio. Che ogni contratto si riduce originariamente a baratto. Se la nobiltà deve commerciare.

Cap. XVII. Del baratto di tutte le merci e derrate con una merce
e derrata sola, o sia della moneta. Origine sua. Del suo accrescimento e diminuzione. Della variazione del valore dei metalli. Della moneta erosa. Delle monete nobili d’oro e d’argento. Mezzo di conoscere se la variazione siegue nell’oro o nell’argento. Della proporzione
fra i metalli. Che il valore delle monete non è arbitrario né al principe né alla nazione; che dipende dalla suddetta proporzione, e che senza danno non può fissarsi alle monete un valore differente. Casi rari in cui l’interesse momentaneo potrebbe insinuare pel bene dello stato questa operazione politica, quantunque dannosa.

Cap. XVIII. Della circolazione del denaro. Che il valore delle cose non solamente è proporzionato alla quantità del denaro assolutamente esistente in uno stato, ma anche alla più o meno rapida circolazione di esso.

Cap. XIX. Effetti dell’accrescimento del denaro. Effetti della diminuzione. Che la ricchezza e la forza del paese è meno proporzionata alla quantità del denaro che possiede, quanto alla quantità del travaglio de’ suoi abitanti.

Cap. XX. Dell’interesse del denaro. Della di lui necessità e giustizia. Origine del suo accrescimento o diminuzione dipendente dal valore delle terre, dalla maggiore o minore circolazione, dall’attività del commercio. Influenza dell’interesse del denaro sul bene dello stato.

Cap. XXI. Dei banchi pubblici, loro utilità, buon regolamento. Del loro credito. Effetti nella circolazione, e per regolare i limiti dell’interesse del denaro. Dei biglietti di banco. Loro pericolo; in quali casi utili, e come regolarli.

Cap. XXII. Del cambio. Definizione, origine e natura di esso. Della di lui utilità e influenza. Come dipenda dalla natura del commercio e dal valore più o meno arbitrario delle monete.

Cap. XXIII. Dei due commerci, attivo e passivo. Della bilancia del commercio e della maniera di farla esatta.

Parte quarta
Delle manifatture

Cap. XXIV. Delle manifatture. Loro utilità. Breve quadro di tutte le manifatture che possono introdursi in uno stato secondo la divisione in dipendenti dal regno minerale, vegetale, animale. Delle qualità generali d’ogni manifattura. Bontà, varietà, buon mercato. Del valore della mano d’opera. Delle materie prime che crescono nello stato; della loro esportazione. Delle materie prime che crescono fuori di stato; della loro importazione. Delle preferenze secondo le circostanze degli abitanti e del terreno. Dei diversi capi di manifatture.

Cap. XXV. Delle leggi proibitive ed assolute per l’importazione ed esportazione delle derrate, merci e materie prime. Dei monopoli. Che le leggi proibitive ed assolute accrescono i monopoli, e mezzi diretti per prevenirli. De’ privilegi esclusivi. Loro danni. Casi rari della loro utilità. Dei principi di una buona tariffa pei diritti d’entrata e d’uscita.

Cap. XXVI. Della maniera d’introdurre e d’incoraggiare le nuove manifatture.

Cap. XXVII. Della distribuzione delle manifatture nelle città, borghi e campagne. Quali nella capitale, quali nelle provincie.

Cap. XXVIII. Del trasporto. Strade, canali, carriaggi, ecc. De’ mercati, fiere, e del prezzo de’ mercati.

Cap. XXIX. Delle università de’ mercanti. Dell’esame delle merci fabbricate, dell’ammettere gli allievi alla maestranza, e del tempo e condizioni per essere allievo prima di essere ammesso alla maestranza.

Parte quinta
Delle finanze

Cap. XXX. Del dipartimento delle finanze. Natura delle operazioni delle finanze. Simplicità, universalità, prontezza, vigore. Delle qualità necessarie a chi vi è impiegato, capacità, applicazione, fedeltà e fermezza.

Cap. XXXI. Della cognizione del paese. Della migliore maniera d’avere le notificazioni. Dei calcoli e dei principii dell’aritmetica politica.

Cap. XXXII. Del tributo. Dell’origine, giustizia, necessità, utilità del tributo. Dei limiti naturali di esso; i bisogni pubblici, e le necessità dello stato, o del sovrano. Ch’egli non è, come si crede, volgarmente, un oggetto di patrimonio del principe, ma un mezzo direttivo e politico per la felicità pubblica. Fino a qual segno la gravezza del tributo cresce l’industria invece di diminuirla.

Cap. XXXIII. Delle differenti maniere d’imporre il tributo. Massima generale intorno ad esso, cioè che l’imposizione debb’essere la più dolce, la più universale, la più insensibile, e nel medesimo tempo più proporzionale alle forze di ciascheduno per quanto è possibile. Del tributo sulle terre e della migliore maniera di imporlo; cioè della grande utilità e maniera di fare e conservare un censimento. E su questa materia non si può prendere per migliore norma nel nostro paese che quanto dall’augusta clemenza è già stato fatto. Del tributo sui generi di consumazione. Del tributo sul mercimonio, o sia dell’estimo. Del tributo sui diritti di entrata e di uscita. Del tributo di capitazione. Se ad un tal genere di tributo possa dirsi che alla fine si riducono tutti gli altri. Del tributo su un genere particolare di consumazione, come sale, tabacco, o sia delle imprese. Inconvenienti e utilità di tali imprese.

Cap. XXXIV. Delle leggi migliori perché tali imprese sieno amministrate nella maniera la più dolce, e nel medesimo tempo la più sicura.

Cap. XXXV. Delle diverse utilità ed inconvenienti di percepire il tributo, sia per regia sia per ferma. Delle condizioni, patti, leggi, ed amministrazione di una buona ferma, e dei mezzi per prevenirne gli abusi. Dei contrabbandi. Che la tentazione di fare il contrabbando cresce colla gravezza della gabella. Che il contrabbandiere calcola sempre il suo vantaggio fra i suoi contrabbandi riusciti e non riusciti. Della custodia de’ confini, che influiscono sulla natura dei contrabbandi. Delle migliori leggi penali per prevenirgli. Della libera interna circolazione delle derrate e merci.

Cap. XXXVI. Dell’uso delle rendite pubbliche, e prima dei beni comunali. Se è ben che ve ne sieno, e di qual natura debbono essere. Che la prima sopraintendenza compete al sovrano, padre e tutore delle città e de’ popoli. Della loro amministrazione.

Cap. XXXVII. Che sotto il nome dei beni comunali possono intendersi tutti i beni che non appartengono ad individui, o a famiglie; ma a corpi, ceti istituiti per qualche vantaggio comune, come luoghi pii, communità, università, collegi, chiese, ecc. Che al sovrano appartiene per diritto immediato ed indipendente la superiore ispezione sull’uso e buon regolamento di tali beni. Quali sieno i luoghi pii veramente utili, e loro amministrazione.

Cap. XXXVIII. Delle varie spese di uno stato. Distinzione importante tra quelle che restano nello stato ed in quelle che n’escono. Delle sovvenzioni agli introduttori di nuove fabbriche. Dei pubblici monumenti, degli edifici pubblici, delle paghe.

Cap. XXXIX. Dell’alienazione delle rendite pubbliche e del sovrano. Della maniera di farla; e del perpetuo inalienabile ius di redimerle coll’indennizzazione di chi le ritiene. Sotto questi capi viene compreso il diritto di regalìa e di demanio, che da sé forma una giurisprudenza particolare, e che deve corroborarsi colle leggi costanti di tutti i tempi e coll’uso uniforme delle nazioni colte.

Se alla fine del corso avanzerà tempo, si potranno aggiungere in maniera di supplemento due capi importanti. L’uno, una scorsa economica su tutto lo stato a misura delle istruzioni che verranno date al professore: e l’altro, una vista generale sul commercio attuale di Europa; il che servirà ad aggrandire le idee dei giovani. Non è mai grand’uomo chi si ristringe nei propri confini e nell’atmosfera della patria. Forse si saranno omesse alcune materie; ma si lusinga chi scrive di aver toccati i punti principali.

L’ordine con cui il piano è distribuito non è certamente il migliore; ma non è possibile ad un uomo che pensi il ritrovarlo se non dopo aver distese e digerite queste materie, che contengono molte ricerche nuove e profonde. Quello però che si debbe principalmente prefiggere un fedele suddito ed un buon cittadino si è ad ogni pagina de’ suoi scritti fare spiccare l’amore della patria e la gloria del sovrano, oggetti i più inseparabili ed augusti che si possa proporre il retto indagatore della verità.

 

PIANO DELLE LEZIONI DI PUBBLICA ECONOMIA CHE SI DANNO NELLO SPAZIO DI DUE ANNI DAL PROFESSORE DI QUESTA SCIENZA

1. Il professore comincia da una breve introduzione a questa scienza, esponendone la definizione, l’utilità e la necessità per tutti gli ordini di persone; e non solamente per il miglior servizio del sovrano, ma ancora per il vantaggio particolare di tutti e di ciascuno de’ sudditi. Vi aggiunge una succinta storia della scienza medesima e dei differenti suoi stati presso le principali nazioni dell’antichità, principalmente greci e romani, e massimamente di questi ultimi, per la connessione che passa tra questa scienza e la giurisprudenza romana tutt’ora vegliante; indi scorre rapidamente sulle rivoluzioni di questa scienza
di questi ultimi secoli. Si chiude l’introduzione con una critica notizia degli autori i più eccellenti per se stessi e i più adattati alle circostanze del nostro paese, che abbiano trattato di questa scienza.

2. Passa quindi ad esaminare quali sieno gli oggetti intorno ai quali
si occupa la pubblica economia, ed il fine a cui ella è diretta. Essendo definita la pubblica economia l’arte di conservare e di accrescere le ricchezze di una nazione, e di farne il miglior uso possibile, trovasi subito che queste ricchezze né si conservano, né si accrescono, se non per mezzo del travaglio degli uomini utile e produttivo; ora, questo essendo il fine a cui tende la pubblica economia, si vede subito che il principio fondamentale e direttore di tutte le di lei operazioni debb’essere di favorire tutto ciò che eccita negli uomini la più gran quantità di travaglio possibile, sia sulle produzioni del suolo, sia su quelle della mano, e di opporsi a tutto ciò che si oppone a tali produzioni.

3. Queste produzioni sono generalmente di due sorti: produzioni che servono all’uso ed al servigio degli uomini; produzioni che servono alla consumazione. Perciò si espone la teoria della consumazione, ove si fa vedere che la quantità e la distribuzione dell’alimento, o sia di ciò che si consuma, è la misura intrinseca dell’utilità maggiore o minore di ogni operazione economica, ed il rappresentatore di ogni travaglio; ed essendo questa teoria il filo che ci guida sicuramente per tutti i labirinti di questa scienza, si espone diffusamente e colla maggior chiarezza dal professore. Ma non vi sarebbe la consumazione, se non vi fossero i consumatori, che è quanto dire la popolazione: onde la distribuzione della popolazione, le differenti maniere di valutarla in uno stato, le cause che spopolano un paese e i mezzi di renderlo popolato, chiudono la prima parte di tutto il corso, delle sei nelle quali è diviso.

4. Si vede subito, in conseguenza di tutto ciò, essere cinque i primari oggetti che si debbono esaminare: perché primo oggetto sarà le produzioni del suolo, o sia l’agricoltura in genere; ma perché queste produzioni siano prodotte sono necessari alcuni stromenti, e perché siano adattate all’utilità degli uomini, molte arti: quindi il secondo oggetto sarà le manifatture.

Le produzioni della terra e quelle delle arti sono più o meno rare ne’ diversi paesi, più o meno necessarie a diversi uomini: quindi il commercio e le permutazioni scambievoli di tutte queste cose, per la quale facilità di permutazioni cresce il travaglio a dismisura, onde il terzo oggetto sarà il commercio; ma e le produzioni della terra, quelle della mano e i commerci sarebbero languidi non solamente e disordinati, ma anche si opporrebbero tra di loro, se l’autorità non li custodisse, reggesse ed animasse. Ma per ciò eseguire, ella ha bisogno di mezzi che debbono appunto fornirsi dai sudditi: la maniera di percepire questi mezzi e di farne uso chiamasi finanze, quarto oggetto di questa scienza. Finalmente, tutte queste cose non possono farsi se il buon ordine e la disciplina non sia mantenuta, e data tutta la facilità al travaglio degli uomini, onde con sicurezza adempiano ai fini per i quali tante cure si impiegano dall’autorità sovrana. Questo buon ordine chiamasi polizia interna, che è il quinto oggetto, ed ultimo, di tutto il corso biennale dell’Economia pubblica.

5. Dunque nella seconda parte si tratta del primo oggetto, cioè dell’agricoltura in genere, sotto la quale vengono comprese le cinque arti primitive, fonti ed origine di tutte le altre, cioè: agricoltura in ispecie, pastorale, caccia, pesca e metallurgia. Non si tratta in questa scienza
di dare i precetti fisici della coltivazione della terra, ma di esporre i principii e i mezzi che promovono l’agricoltura, di esporre gli ostacoli e i pregiudizi che si oppongono alla di lei perfezione; nell’esposizione de’ quali mezzi ed ostacoli si toccano incidentemente que’ migliori e più generali precetti intorno ad un’arte così utile e fondamentale al pubblico bene, che possono servire a’ particolari per loro direzione, e, nello stesso tempo, si dimostra l’influenza che hanno sulla prosperità dell’agricoltura le leggi e gli ordini e i provvedimenti più volte emanati dalla sapienza dell’Augusta Sovrana.

In questa parte trattasi a fondo la famosa questione della libertà e commercio dell’annona, del fromento principalmente, indi biade, riso, ecc., e si applica alle circostanze di questa fortunata provincia; la varietà delle colture e delle produzioni, gelsi, lino, canape, prati, ecc.
La distribuzione delle terre, e tutto ciò che ha relazione coi principii direttori e colle massime più sane della politica e della giurisprudenza
di un paese agricolo, sono partitamente, e colla maggior chiarezza e precisione, trattate. La conservazione de’ boschi; l’introduzione e l’ammissibilità delle pecore, che somministrano le tanto essenziali manifatture della lana; tutto ciò che appartiene alla cura ed alla direzione economica de’ bestiami, vacche, buoi, cavalli, ed ai prati alimentatori di quelli; la scavazione e l’impiego delle miniere, di ferro principalmente, formano altrettanti articoli necessari ed instruttivi in questa parte, ed utili alla situazione ed alla natura di questo paese. Tutta questa parte si chiude con quelle osservazioni intorno alla caccia ed alla pesca che sono relative alla pubblica economia.

6. La terza parte è destinata all’esame del secondo oggetto, cioè le arti e le manifatture, delle quali se ne annoverano le classi relativamente all’influenza più o meno grande e diretta che queste differenti classi possono avere alla pubblica prosperità; indi si passa all’esame degli ostacoli che si oppongono al maggior progresso delle manifatture ed all’aumento dell’industria; poscia si considerano i mezzi e le cagioni che accrescono ed eccitano l’attività della medesima: sotto questi capi vengono a considerarsi i privilegi esclusivi; le università, o così dette badie delle arti, che si devono considerare come dannose alle medesime; indi ai premi proposti; ai capitali sovvenuti dalla clemenza del principe; ai mezzi naturali di abbassare gli interessi del denaro, che si debbono considerare come mezzi eccitatori delle arti: trattasi perciò delle cautele e delle condizioni con cui si impiegano tali mezzi, acciocché ottengano il loro fine; la distribuzione delle medesime arti ne’ differenti luoghi di uno stato, la disciplina con cui debbono esser mantenute e custodite, formano la materia degli ultimi capi di questa terza parte.

7. La quarta parte tratta del commercio preso in tutta la sua estensione e, prima di ogni altra cosa, si apre questo trattato colla teoria del valor delle cose tutte, dalla quale teoria generale si discende a trattar ampiamente e colla maggior chiarezza possibile quella del denaro, dove dell’origine, proprietà, uso ed alterazioni della moneta, che è la misura ed il pegno di ogni valore, distintamente si parla. La moneta conduce all’esame delle proprietà ed effetti della circolazione; indi ai differenti rami di commercio introdotto fra le nazioni, sotto il qual titolo si considerano i quattro mezzi principali per cui il commercio fiorisce nelle nazioni: concorrenza, economia della man d’opera, facilità di trasporti, bassi interessi del denaro; indi si passa all’esame delle differenti specie di commercio: commercio di economia, commercio di trasporto, commercio di derrate e di manifatture; si considera la divisione politica del commercio in attivo e passivo e, per conseguenza, si parla della bilancia del commercio, la quale ogni nazione deve conoscere per rapporto al suo paese, e della maniera di farla: sulla qual bilancia di commercio a grandissimi equivoci hanno dato luogo gli scrittori di pubblica economia.

Il lusso, per l’influenza che egli ha, sia pro sia contro le arti, l’agricoltura, la ricchezza e la distribuzione de’ beni de’ sudditi, merita di essere considerato, come si fa dal professore, perché ne risultino le giuste massime di politica regolatrice di quello, utili non meno a quegli che hanno parte all’amministrazione pubblica, che a’ privati, per l’uso lodevole delle loro rendite. Gli interessi del denaro, il cambio, i banchi e i monti pubblici, il credito pubblico e la maniera di conservarlo e d’aumentarlo, dove dei falimenti, delle liti dei commercianti, sono la materia di altrettanti capitoli che completano questa quarta parte.

8. La quinta parte racchiude il quarto oggetto di tutta la scienza, cioè le finanze. Si parla della origine, necessità, giustizia ed utilità dei tributi: essere questo uno dei diritti supremi regali, che non si posso
no giammai irrevocabilmente alienare; della eguaglianza del tributo,
 o, per meglio dire, della proporzionale distribuzione di esso a misura
del potere di ciascuno; indi delle altre due proprietà che deve avere, cioè sicurezza e facilità nella percezione; e in qual maniera meglio si combinano queste tre proprietà necessarie ad ogni imposizione. Quindi si esaminano le differenti maniere d’imporlo: cioè il tributo di capitazione, il tributo sulle consumazioni, il tributo sulla industria, il tributo sulle terre: si esaminano gli avvantaggi e gli inconvenienti, per rapporto al commercio ed alla economia politica, di tutte queste maniere di imporre tributi. Il tributo sulle terre non può essere meglio esaminato che esponendo le massime del vegliante censimento, che
 è il modello della più perfetta legislazione economica che sia giammai stata progettata ed eseguita. La percezione di questi tributi può essere tenuta in regia, o confidata ad una ferma: si esaminano gli avvantaggi e gli inconvenienti dell’uno e dell’altro di questi metodi di percezione.

L’uso poi di queste finanze consiste nella vigilanza e nell’esattezza del bilancio camerale; nelle paghe e nella giusta misura di esse; nelle sovvenzioni ed incoraggimenti che si danno al commercio ed alle arti; nell’avere il sovrano un tesoro, ossia un fondo per gli avvenimenti fortuiti, ecc. Non deve il professore né estendersi a far progetti, né molto meno esaminare e giudicare ciò che si faccia nel proprio paese, perché ciò appartiene a chi il sovrano ne ha confidata l’incombenza; ma solamente esporre i principii generali e fondamentali onde gli allievi che egli forma siano addestrati alla natura ed al maneggio degli affari: e, quantunque questi appartengano unicamente alla suprema podestà, pure, questa non potendo eseguir tutto da sé sola, è costretta a confidarne l’esecuzione a molti de’ suoi sudditi, i quali perciò debbono esserne istrutti, perché fedelmente eseguiscano i supremi e provvidi comandi.

9. La sesta, e l’ultima parte, di tutto questo corso comprende la polizia interna, sotto il qual nome si comprendono tutte le regole che contribuiscono al buon ordine ed alla facilità di tutti gli affari economici di uno stato: nettezza, sicurezza e buon mercato sono i precipui oggetti di ogni polizia civile. Nettezza, per riguardo alla sanità, nel prevenire le malattie epidemiche e contagiose, alla cura degli infermi, agli ospedali; sicurezza, nel prevenire i delitti, nell’estirpare l’ozio, nel frenare tutto ciò che disturba la tranquillità pubblica, onde si arenano i commerci e languisce l’industria, che dalla buona fede e dall’impedire le frodi si anima e si mantiene; la custodia delle pubbliche strade, la vigilanza ai confini, l’illuminazione delle città, l’educazione pubblica, sono i soggetti che si esaminano dal professore. Il buon mercato poi consiste nel facile approvisionamento delle città, nella disciplina de’ mercati pubblici, nella facilità de’ trasporti, ecc., con cui si termina questo trattato.

Quando il tempo vi sia, si finisce tutto il corso con un breve e sugoso quadro di tutto il commercio di Europa, non tanto per una vana erudizione e curiosità, quanto per ingrandire le viste della studiosa gioventù.

10. Questo è appresso a poco il piano e l’ordine delle materie che si trattano in questo corso biennale. Il professore ha già quasi terminato di fare le sue lezioni: ma dove si tratti di dare alla gioventù un sistema intiero di una scienza, il quale nel medesimo tempo sia completo, chiaro, preciso, senza vacui e superfluità, il suddetto professore si crede ancora lontano dall’averlo ridotto a perfezione. In questo primo biennio egli ha dovuto far di pianta le lezioni e darle nel medesimo tempo; nel secondo biennio, nel quale ricomincia il corso, egli crede di poterlo ridurre a perfezione: ma perché egli ciò possa eseguire col maggior profitto di quelli che frequentano le sue lezioni, è costretto di rappresentare e supplicare che gli sia permesso di continuare ancora per questo nuovo biennio il metodo da lui intrapreso di dettare e scrivere.

11. Nell’ultima eccitatoria viene ordinato a’ professori di non perder più tempo a dettare e scrivere, e di proporre quali esser possono i libri elementari delle rispettive facoltà ad uso de’ scolari, e ciò finché ognuno abbia terminato il suo corso. Ora, nella scienza economica non vi è libro italiano che sia completo, commodo ed adattato alle circostanze, il quale possa servire ad uso de’ scolari frattanto. Questa scienza è stata trattata sparsamente e da vari, i quali or l’una,
 or l’altra delle sue parti hanno esaminata e discussa; ma nissuno, massime in lingua italiana, come ha nelle sue istruzioni il professore che deve insegnarla, ha riunito in un corpo intiero e di giusta estensione. Il solo abbate Genovesi sembra apparentemente avere adempiuto a questo fine nelle sue Lezioni di economia civile: ma, oltrecché questo libro forma due grossi volumi che gli scolari non vorrebbono tutti comprare, è ben lontano di esser completo, e manca di molte parti della scienza, quando, per un altro verso, contiene moltissime cose superflue ed estranie alla scienza di cui tratta. Inoltre egli è più adattato alle circostanze ben differenti ed alle leggi del Regno di Napoli, che alle circostanze locali ed alle leggi della nostra provincia. Il professore costretto a spiegare questo libro dovrebbe perdere il tempo a confutare ed a rettificare ogni momento l’autore che dovrebbe spiegare: perdita di tempo maggiore, la quale confonderebbe la mente de’ scolari, di quello che si perda di tempo dettando per una mezz’ora; lo scrivere non rincresce a’ medesimi, perché ripartito giornalmente, e giova moltissimo per ritenere e intendere meglio ciò che si dice nella spiegazione. Un libro diffuso come l’abbate Genovesi sarebbe da essi gettato in un angolo, né mai letto o consultato.

Tale è l’indole della gioventù che frequenta queste lezioni, alle quali finora non intervengono che spontaneamente e per nissun vincolo o motivo d’interesse: onde debbono essere adescati dalla curiosità e dal bisogno di scrivere. Infatti l’esperienza ha fatto vedere che molti si contentano di far ricopiare le lezioni, e non intervengono punto alle medesime. Vi sono libri francesi e libri inglesi che trattano di pubblica economia, ma queste non sono le lingue di una scuola, né i libri, tradotti che fossero, potrebbono convenire, perché incompleti e non adattabili alle circostanze nostre, e niente conformi all’articolo che è stato assegnato al professore per sua norma. Finalmente, ella è troppo malagevole cosa e di poco profitto il seguire l’ordine, il metodo e le idee altrui, quando uno si sforza di poter fare un migliore sistema in una scienza nella quale si tratta di riunire sotto un punto di vista il meglio che si trova sparso e diviso, e di suplire al moltissimo che non è ancora stato scritto dagli altri.

12. Non potendo poi il professore servirsi di alcun libro stampato, dovrebbe, per non dover dettare nella lezione, di mano in mano, di terziaria in terziaria, per esempio, dare le sue lezioni da copiare a casa propria agli scolari; ma l’inconveniente che nascerebbe per gli scolari sarebbe che pochissimi fra questi si vorrebbero indurre a trovare il momento di ricopiare le molte lezioni che si dovrebbe dare a ciascuno in una volta, onde passerebbe l’anno che la terza parte degli uditori avrebbe gli scritti, e l’altra sarebbe ancora da capo: l’inconveniente, per parte del professore, sarebbe che sul principio dovrebbe dare le lezioni non corrette e rettificate da ricopiare, per guadagnar tempo, indi dar loro le correzioni prime, poi le seconde: il che renderebbe molto complicata la fatica, quando, dettando a poco a poco, egli giornalmente rettifica le sue lezioni e previene la dettatura, dando in una sol volta gli scritti già migliorati e corretti agli uditori.

Ridotto poi che egli abbia a perfezione il corso, allora potrà essere stampato, e risparmiarsi il tempo agli scolari di scrivere, mentre il professore procurerà di farlo in modo che sia di giusta mole, e che non dispensi l’uditore dall’intervenire alle spiegazioni, massime se vi sarà apposto il vincolo per il quale, come necessario per rendere la scuola frequentata, ha già rimostrato il sudetto professore.

Ecco quanto, per ubbidienza e per zelo, si dà l’onore di rispondere il professore di Economia pubblica inerentemente all’eccitatoria fatta a ciascuno de’ professori.

13 aprile 1770

Sott.
 Marchese Cesare Beccaria Bonesana
Prof. di Economia pubblica